Presi i primi contatti con la Federazione Speleologica Macedone ed in particolar modo con il vice presidente Marjan Temovski ed il suo gruppo Sk Zlatovrv, abbiamo potuto verificare che nell’area di nostro interesse non vi erano ricerche esplorative recenti ne documentazione di grotte conosciute o pubblicazioni speleologiche. Incontrati gli speleologi locali i primi giorni di spedizione, abbiamo avuto modo di conoscerci e visitato con loro alcune grotte nella parte est del paese, la grotta Provalata e la grotta Melnicka, oggetto di interessanti studi scientifici e pubblicazioni da parte del gruppo Zlatovrv.
Il 18 agosto siamo partiti per Vrutok nel comune di Gostivar per dare inizio alle nostre ricerche; i nostri propositi iniziali di una pre-spedizione si sono immediatamente trasformati in tutt’altro, ottimi risultati, invero, sono emersi sin dalle prime esplorazioni.
La discesa del primo pozzo salone di circa 30 mt, il cui imponente ingresso era stato visto dal satellite, a sud del parco di Mavrovo, ci ha condotto in una grande sala di crollo di circa 30×40 mt., ricco di vecchie concrezioni nascoste da muschi ricordava quasi un ambiente pluviale. L’enorme cono di frana alla base del pozzo è completamente ricoperto da un folto muschio verde ed a lato un soffice cumulo di alcuni metri di guano e fango introduce in un bel meandro chiuso da vari blocchi di frana. Solo dopo averla esplorata completamente ci siamo accorti di una vecchia “scarburata” e quindi di aver probabilmente “ri-scoperto” qualcosa di conosciuto ma perso sia dalla Federazione speleologica macedone sia dal governo sia dal Parco Nazionale di Mavrovo sia da Marjan Temovski che sta cercando di istituire un catasto grotte locali, attualmente inesistente. Abbiamo rilevato fotografato e battezzato la grotta “BELUL”, in nome del piccolo pastore di 14 anni che lavorava lì vicino, in attesa di ulteriori ricerche in merito.
Si è potuto verificare, palesemente, che l’attività speleologica esplorativa in Macedonia ha subito una brusca frenata in questi ultimi decenni a causa di motivi socio-politici e di conflitto interno e che questa attività è stata portata aventi principalmente da spedizioni estere in particolar modo speleosubacque.
Di fatto il territorio di Mavrovo sembra sia stato “ignorato” in questi ultimi anni, ma ha mostrato a noi tutto il suo potenziale. Un enorme massiccio calcareo che copre un area di circa 350 Km2 pieno di doline che si sviluppa con vette e pianori tra i 1600 mt. e 2100 mt. di altitudine ed alle cui pendici conta numerose risorgenze che superano abbondantemente un metro cubo al secondo.
Abbiamo battuto la zona ed aree limitrofe in minima parte, rilevando almeno n. 4 ingressi importati chiusi da frane ma con passaggio d’aria promettente e raccolto altrettante segnalazioni da pastori che non abbiamo potuto verificare per mancanza di persone e tempo.
Negli ultimi giorni, infatti, la nostra presenza ha suscitato la curiosità oltre che delle autorità locali, anche di esponenti di governo, con i quali abbiamo avuto numerosi incontri in cui hanno mostrato un notevole interesse per la nostra attività. Sull’onda di questo entusiasmo generale alcuni rappresentati del governo, in particolar modo il presidente del partito e deputato Ali Ahmeti hanno preso contatto con alcune persone di un villaggio locale affinché ci accompagnassero all’ingresso di una grotta particolare. Da tempo essa rappresenta un mito per gli abitanti della zona e sulla stessa aleggiavano notizie inquietanti. Una volta entrati stentiamo a credere a quello che ci presenta: dispersi lungo una condotta percorribile per circa 50 mt, troviamo un numero indescrivibile di ossa umane contando circa 50 crani. La disposizione di essi non lascia dubbi che in parte siano stati spostati dall’uomo, probabilmente cercatori d’oro, che hanno lasciato qualche traccia di cera di candele sulle pareti. Il pavimento è ricoperto da uno spesso e compatto strato di fango e sedimenti dai quali emergono ovunque ossa umane; ne notiamo diverse anche concrezionate al fondo ed alle pareti. In terra, sopra i sedimenti si vedono numerosi crani, all’apparenza molto meglio conservati di quelli nascosti dai sedimenti. Non avendo esperti nel gruppo non azzardiamo nessuna teoria ma possiamo ipotizzare che i reperti ritrovati appartengono a periodi ben lontani nel tempo. Gli abitanti del luogo ci narrano di leggende legate a donne suicidatesi in massa, buttandosi in pozzi, per non cedere alla dominazione ottomana.