Iceland 2018
Un deserto sterminato che si perde vista d’occhio.
Un deserto dai colori insoliti, che vanno dal bianco al nero, passando per ogni gradazione dell’azzurro.
Un deserto di ghiaccio!
Questo il ricordo più nitido che abbiamo al nostro rientro in Italia dopo 10 giorni passati a stretto contatto con i ghiacciai islandesi Vatnajökull e Mýrdalsjökull.
L’Islanda, una terra cupa, ombrosa, come a rappresentare un brutto carattere che ne deriva dal cielo quasi sempre coperto, dalla roccia scura e dalla pochissima vegetazione. Una regione primordiale, in cui sembra di essere all’interno di un libro di geologia, con la sua giovane età di appena 20 milioni di anni, dove la natura fa da padrone e l’uomo è solo un ospite, e non perde occasione di ricordarglielo.
campo ed esplorazioni sui
ghiacciai Vatnajökull e Mýrdalsjökull
La spedizione, svoltasi dal 12 al 23 ottobre 2018, aveva lo scopo di battere queste splendide distese per trovare, scendere e documentare il più alto numero di mulini di ghiaccio, i grandi inghiottitoi che si formano a partire da una spaccatura limitata nel ghiacciaio, dove l’acqua di scorrimento superficiale si insinua, levigando e creando cavità percorribili dall’uomo e dalle forme più insolite: a volte con uno sviluppo prettamente verticale (ne abbiamo sceso uno per più di 100 metri), altre con una andamento sinuoso e meandrico.
In questa parte del mondo, le “grotte di ghiaccio” sono veramente sorprendenti, conformate da un tipo di ghiaccio a noi nuovo, quasi si possa pensare essere vetro per la sua compattezza e trasparenza. Trasparenza che talvolta però viene incupita dalla presenza di detrito lavico. Infatti, oltre a trovare le classiche rocce incastonate all’interno del ghiaccio che sono frutto dell’avanzamento impetuoso del ghiacciaio, troviamo costantemente una sorta di sabbia nera, frutto delle frequenti eruzioni vulcaniche che coprono di cenere l’intera regione islandese.
Ci siamo sin da subito diretti verso il nostro principale obiettivo: l’imponente Vatnajökull, con lo scopo di realizzare un campo sopra di esso e con l’idea di spostarci sul Mýrdalsjökull pochi giorni prima del rientro in Italia. Nel tempo che siamo lì, alla ricerca degli evidenti segni di glacio-carsismo che avevamo notato dalle immagini satellitari, abbiamo modo di familiarizzare con l’ostile meteo islandese. In tre giorni, infatti, ci ha letteralmente spazzato via le tende del campo base avanzato, posizionato sulla morena centrale della lingua Breiðamerkurjökull (ghiacciaio Vatnajökull), imponendoci un cambio di strategia logistica.
Ci siamo quindi trovati a dividerci in due squadre per portare a termine tutti gli obiettivi che ci siamo prefissati. La prima è rimasta sulla lingua Breiðamerkurjökull, l’altra si è trasferita sulla lingua Sólheimajökull del ghiacciaio Mýrdalsjökull.
Tuttavia, nonostante le avversità incontrate, con buona dose di grinta e perseveranza, siamo riusciti ad ottenere degli ottimi risultati, e più concretamente:
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decine di nuovi mulini individuati
(non tutti scesi per mancanza di tempo), -
29 mulini esplorati,
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più di 1000 metri di pozzi scesi,
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più di 900 metri di meandri percorsi.
I luoghi strepitosi, gli ostacoli superati, i risultati ottenuti e le nuove amicizie strette, ci hanno incoraggiato a non pensare al nostalgico rientro in Italia, ma piuttosto ad un futuro nostro ritorno su questa fiabesca isola, per apprezzarla, non solo per i suoi ghiacciai, ma per ogni tipo di esperienza, la quale una persona intraprendente e avventurosa, auspichi di fare in una terra giovane e selvaggia come l’Islanda.